lunedì 11 gennaio 2010

Qui ed ora

“Siamo ogni solitario istante”
J.L.Borges


Viviamo nel presente, e solo in esso. Questa banale ma indubitabile verità (una delle poche, forse, rimasteci dallo sconvolgimento epistemologico dell'era tecnologico-scientifica che stiamo vivendo) fa da contraltare alle nostre più che dubitabili certezze, frutto di decenni di sotterranee identificazioni, interiorizzazioni, come anche di scelte e costruzioni più o meno deliberate di aspetti di sé.
Quante volte abbiamo letto queste tre parolette scritte in fila (magari nella loro traduzione latina - 'hic et nunc' - quasi per accentuare un che di sacrale, di consolidato dalla tradizione dei prischi padri) come una specie di recitativo, un mantra la cui efficacia risiede nello sfondo concettuale che è in grado di allestire dinanzi agli occhi della mente, una sorta di caduta verticale nella consapevolezza di sé, del momento, degli altri e di ciò che ci sta intorno.
Qualsiasi studente di psicologia saprà, p.es., che il 'qui-ed-ora' è quel motivetto concettuale divenuto 'a la page' in una certa fase di espansione dello sviluppo della cultura psicologica, quel ritornello da applicare ai momenti topici della presa di coscienza, della sincronizzazione interna rispetto ai propri sentimenti ed emozioni, laddove peraltro qualche studente di filosofia potrebbe agevolmente collegarvi l'heideggeriano 'esser-ci' della presenza, che si apre al mondo ed alle sue innumerevoli possibilità esistentive.
D'altronde, anche il 'carpe diem' oraziano sembra esserne una piacevole parafrasi
e viene così in mente, spaziando nelle associazioni, 'L'attimo fuggente' di P.Weir, il bel film di qualche (ormai) decennio fa, il cui tema conduttore altro non è che questo benedetto e misterioso 'presente' che ci vive attimo per attimo, questo altrimenti 'non luogo' e 'non tempo' su cui le nostre coordinate esistentive sembrano annullarsi per un momento, giusto il tempo di sentirsi (se accade, ovviamente) esistere, essere vivi, poiché aperti al possibile nuovo, al diverso, all'inusitato.
Nel 'qui ed ora', dunque, come recita la prassi dello 'psicoanalitichese', si avvererebbe il momento dell'incontro con noi stessi, con la nostra realtà più autentica e quindi con le nostre inevitabili contraddizioni, nel momento puntuale e unico del proprio riconoscimento, in quanto mente-corpo, al di là delle nostre ulteriori personificazioni che spingono dal passato, gran calderone del vissuto che sentiamo come la nostra personalità piena di sfaccettature e dalle mille diverse rappresentazioni che abbiamo e creiamo continuamente di e su noi stessi. Così come il raggiungimento di quell'agognato 'insight' (altro termine 'a la page' dell'immaginario collettivo psicoanalitico e non solo, ovviamente..) che ha mietuto nei passati decenni schiere di vittime di volenterosi pazienti assorbiti dall'unica preoccupazione di ricevere finalmente “l'illuminazione” del Verbo Analitico...
Quella dunque che sembra essere una formula ormai consolidata, anzi 'classica' diremmo, della teoria psicoanalitica e in generale psicoterapeutica, si scontra tuttavia nella realtà quotidiana con la prassi del vivere del paziente, la cui preoccupazione fondamentale è quella – fin troppo umana in verità – di evitare al più presto la sofferenza e di guarire in un sol colpo dai propri sintomi (magari per essere subito dopo vittima di altri, ma questo è un altro discorso..). E si finisce col dimenticare che il 'qui ed ora' introduce invece un vero e proprio cambiamento di paradigma nell'esperienza vitale del soggetto, poiché cambia l'ottica da cui si osservano i fenomeni del vivere e dell'essere, nonché del percepire.
Nel 'qui' infatti non c'è altra dimensione sensibile che l'intersoggettività della relazione in presa diretta con l'altro, mentre si sta facendo sotto i nostri occhi nell'incontro dei due soggetti analitici e di cui la dinamica di co-transfert è l'espressione più diretta; mentre nell''ora' non c'è che il riferimento a quella sospensione del tempo derivante dalla focalizzazione sull'istante vissuto, su quell''attimo fuggente' appunto, che condensa nel suo infinito presente tutta la gamma di possibilità che la mente dei due interlocutori può concepire e porre in atto in senso fenomenico.
Nel Qui ed ora il discorso analitico si rende vivo e realmente foriero di trasformazione e cambiamento, poiché si trascende per un attimo (sempre 'fuggente', appunto..) il 'Lì e allora' (o anche 'mai'', in alcuni casi) della mente, quale vecchio paradigma votato alla santificazione laica del passato, imprigionato nell'abitudine delle nostre coazioni a ripetere ciò che fummo e che saremo in eterno, se un qualche accadimento improvviso non ci portasse di tanto in tanto sotto gli occhi il fatto, indubitabile, che viviamo nel presente, e solo in esso.